venerdì 11 gennaio 2008

Slow Food di Giulianova- Comunicato stampa

Per la salute e il gusto a tavola, per il futuro della montagna, per indurre l’uomo a non abbandonare pascoli e territori montani. Tutti buoni motivi per favorire l’allevamento e il consumo della pregiata carne di Yak (Bue peloso) anche sull’Appennino. “Un’idea straordinaria per utilizzare al meglio le cime montuose con costi bassisssimi” come afferma Giacomo Ficco, ricercatore del Cra – Istituto sperimentale per la zootecnia (Isz) di Roma, responsabile del progetto di allevamento dello YAK sull’Appennino Centrale finanziato nel 2005 con un progetto di ricerca dal Ministero delle politiche agricole e forestali. All’adattamento del bue di origine tibetana sulle aree marginali in quota della Laga, stanno lavorando con successo già da alcuni mesi al Rifugio delle Aquile, oasi naturale di circa 300 ettari sopra i mille metri di altitudine in località Roiano, in provincia di Teramo. Il gruppo degli yak è in un’area a quota 1.400 – 1.500 m (Acquachiara)a ridosso dei Monti della Laga, detti Monti Gemelli.
Secondo i ricercatori, gli YAK potrebbero sostituire in parte le greggi di ovini che un tempo vivevano in alpeggio. Inoltre la carne di tali animali sembra contenere particolari principi alimentari ad azione benefica, molecole bioprotettrici, rappresentando così un’alternativa proteica da sfruttare. Si andrebbe così a valorizzare aree marginali del territorio, oltre ad apportare un’innovazione radicale nel concepire la carne come fonte di salute per l’uomo. E’ quanto verrà spiegato nel corso di un convegno in programma il prossimo 2 febbraio al Rifugio delle Aquile (Acquachiara,Teramo) cui è prevista anche la presenza del ministro Alemanno e di altri personaggi in vista - come Ilaria Fendi, terza generazione della casa di moda Fendi, interessata ai filati naturali ottenibili con la lana del bovide di origine asiatica - che hanno abbracciato la cultura della risorsa naturale ed ecosostenibile rappresentata dall’allevamento di Yak. “Lo yak dà carne pregiata nutrendosi di erbe infestanti e cercando l’acqua se non c’è, riesce a vivere in zone abbandonate, è lo spazzino dell’Appennino, garanzia di equilibrio alimentare e di tracciabilità. Un animale di grande sensibilità che segue i ritmi della natura e delle stagioni, e nonostante viva in condizioni difficilissime può produrre carne pregiata – sottolinea Ficco- carne molto tenera e di sapore delicato, a basso tenore di colesterolo, con un rapporto tra acidi grassi saturi e insaturi a straordinario e valori di rame, ferro e zinco cinque, sei volte superiori a quelli del vitello podolico”. ”Unico problema – avverte il ricercatore del Cra – il rapporto qualità prezzo elevato, comunque accettabile a fronte delle qualità salutistiche della carne, delle innumerevoli possibilità di utilizzo della lana con cui si producono cashmere, tende, cappotti, sciarpe. Senza sottovalutare la qualità del latte, con cui si sta sperimentando la produzione di formaggio e yogurt”. Insomma, una possibilità ambiziosa ma possibile per favorire “in parte” il ripopolamento dell’Appennino offrendo motivazione economica agli allevatori, sostenuti dalla consapevolezza (e quindi dalla richiesta) del consumatore moderno. Per questo anche lo Slow Food Teramano ha voluto appoggiare la campagna di informazione e degustazione della carne di yak con appuntamenti mirati.
- Ufficio Stampa: Jolanda Ferrara

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