domenica 25 gennaio 2009

Ospite della 43ª Stagione Concertistica della Società del Teatro e della Musica “L. Barbara”Grigory Sokolov uno dei più grandi pianisti contemporanei

Ospite della 43ª Stagione Concertistica
della Società del Teatro e della Musica “L. Barbara”
Grigory Sokolov
uno dei più grandi pianisti contemporanei

di Rosaria Maresca

PESCARA, 4 Gennaio ‘09 - Uno dei più grandi pianisti contemporanei ha varcato, ieri sera, la soglia del Teatro Massimo di Pescara. Virtuosismo, carisma, sensibilità, profonda analisi e grande poeticità rendono Grigory Sokolov una star del panorama internazionale. Ospite dei più importanti teatri del mondo (nel 2009 effettuerà tournée a Parigi al Théâtre des Champs-Elysées, al San Carlo di Napoli, a Berlino, a San Pietroburgo, allo Staatstheater di Darmstadt al Palais des Beaux- Arts di Bruxelles, all’Auditorium di Roma, alla Fenice di Venezia, al Victoria Hall di Ginevra, al Festival di Sali- sburgo, etc) ha regalato, al pubblico abruzzese, nell’ambito della 43ª Stagione Concertistica della Società del Teatro e della Musica “L. Barbara”, una serata eccezionale, storica, contraddistinta da rara esaltazione, di cui si serberà, certamente, il ricordo negli anni.
A dieci minuti dalla mezzanotte, la platea, ancor avida del suo talento, entusiasta e prodiga di applausi, reclamava il divo e le brillanti intuizioni. In programma, nella prima parte della serata, Beethoven con la Sonata n. 2 in La maggiore op. 2 e la Sonata n .13 in Mi bemolle maggiore op.27 n. 1, nella seconda parte Franz Schubert con la Sonata in Re maggiore op.53 D850. Brivido e pura meraviglia le sensazioni suscitate nel corso dell’esecuzione.
Del maestro sono note le registrazioni strabilianti e le critiche entusiastiche perfino oltreoceano (The New York Times, riviste specializzate) ma quel che avviene nel chiuso della sala teatrale trascende ogni immaginazione. Entrambe le Sonate beethoveniane, si sa, apportano novità strutturali, nonché risultano essere presaghe del clima Romantico (lo stesso compositore diede alla n 13 l'appellativo di "Sonata quasi una fantasia", vista la particolare differenza da una tipica sonata classica) ma Sokolov, sorretto da quella scintilla che comunemente chiamiamo genio, piega la sua interpretazione al di fuori di ogni schema accademico, il carattere rapsodico si accentua e Beethoven viene restituito in una nuova veste sognante.
Per gli amanti della “buona e corretta pratica musicale” può risultare fuori logica. La “trasformazione” che riserva all’opera del padre del Romanticismo tedesco, Schubert, è ancor più sorprendente: frasi dal sapore decadente, motivetti caffè-chantant, lo Scherzo è un ballabile Valzer e gli incisi del secondo tempo diventano passaggi chiari delle opere di Morricone. Ma ad un mito vivente, vincitore a soli sedici anni del prestigioso Concorso Pianistico Internazionale Čajkovskij, è tutto concesso. Nella sua carriera internazionale ha suonato con le maggiori orchestre mondiali fra le quali la Philharmonia Orchestra, Concertgebouw di Amsterdam, New York Philharmonic, Gewandhausorchester Leipzig, Filarmonica della Scala, le Filarmoniche di San Pietroburgo e di Mosca, i Munchner Philharmoniker e con più di duecento direttori, tra cui Valerij Gergiev, Trevor Pinnock, Myung-Whun Chung e Aleksandr Lazarev: un curriculum sfolgorante! Eppure la sua è un’ ouverture avviata in sordina. Si, perché, nato nel 1950 a San Pietroburgo, nel cuore dell’Ex Unione Sovietica, ha impiegato circa trent’anni per abbattere i muri di resistenza e di ostracismo fisici e virtuali presenti sulla propria strada. Ancor oggi, gran parte della critica lo addita fra le punte di diamante della “scuola russa”, ma chi sa quanto è faticoso costruire una propria personalità, a prescindere dagli avvenimenti e dalla condizione storica in cui si vive, concorda con quanto

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ABRUZZOpress – N. 034 del 24 gennaio ’09 Pag 2

egli afferma del proprio essere: «Dal punto di vista dell’arte, il termine “scuola” non è appro-riato, ma può avere un’ accezione. Ad esempio, quando parliamo della “scuola di Rembrandt”, riferendoci magari ad un artista che era sì un ottimo artigiano ma la sua personalità non era abbastanza interessante, allora si parla di un appartenente alla “scuola di”. In questo caso il termine ha un senso, ma è ben lontano da ciò che considero arte. La cosa più importante è che gli studi dovrebbero consentire all’individuo di diventare un generatore, non un accumulatore di idee. Quindi non penso vi sia una scuola di San Pietroburgo o di Mosca, ma solo personalità che hanno lavorato e lavorano in quelle città con uno sguardo al mondo».
Prossimi concerti della Stagione musicale del Massimo e assolutamente da non perdere per gli amanti dei grandi nomi e della grande classica: il 13 febbraio il violista Uto Ughi e il 20 febbraio il pianista Ramin Bahrami.
R. M.

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