martedì 21 aprile 2009

Dario Franchitti, si riconferma nel G. P. di Long Beach di Lino Manocchia

Dario Franchitti
si riconferma nel G. P.
di Long Beach

di Lino Manocchia

LONG BEACH. La “Montecarlo del West”, col suo sole, le palme, la Queen Mary, perennemente ancorata, la miriade di yack miliardari, si è lasciata “invadere” da una folla calcolata sulle 165 mila unità.

Negli impianti del colossale Acquarium la stampa, risvegliatasi dal torpore invernale e dalle notizie affiorate sin dalla vigilia, ha seguito un rosario di conferenze stampa a volontà. La più interessante quella della conferma, da parte di Keven Kalkhoven, ex socio di Jerry Forsythe, fondatori della Champcar.
«Paul Tracy,» ha detto Kalhoven, «rappresenterà i nostri colori nella 500 miglia di Indianapolis del 24 maggio prossimo – e forse a Toronto ed Edmonton (Canada) se giungeranno gli aiuti finanziari – sponsorizzata dalla GEICO, compagnia di assicurazioni, con la popolarissima mascotte, questa volta mimicizzata dall’italiano Max Papis, amico di Tracy, il quale non ha tardato a dire: «Questa volta non mi ruberanno, la vittoria, come nel 2002, regalandola al brasiliano Helio Castroneves,» che questo weekend, ha salvato la pelle (ma non gli svariati milioni per i due top legali), battendo il Dipartimento federale delle tasse, che lo accusava di evasione fiscale.
Il figliol prodigo brasiliano della Penske ha offerto una conferenza stampa tragicomica, ricca di sorrisi, parole profferite a fil di voce e qualche furtiva lacrimuccia, per poi tentare la pole position che però è andata all’australiano Will Power, il quale, dopo la 500 miglia di Indy verrà... “licenziato” per il ritorno nel team del brasiliano Penske, finito contro le protezioni a 10 minuti dalla conclusione della qualifica ed un noioso mal di capo. Il “botto” della bella Danica Patrick non ha sorpreso nessuno, poiché l’arizoniana sembra sia abbonata a simili frangenti corsaioli.
Presente a Long Beach, anche il mitico Mo Nunn, l’ingegnere che aiutò, col team di Chip Ganassi, il bolognese Alessandro Zanardi alla conquista del titolo di Indianapolis. Nunn ha lasciato la Florida ritirandosi con la consorte nei paraggi di San Diego California.

Marco Andretti
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LA CORSA - Una temperatura record, che ha creato una lotteria di gomme “veloci” e regolari, ha fatto da cornice alla 35.ma edizione del G.P. di Long Beach. E’ stata la grande giornata californiana dell’italo scozzese Dario Franchitti. Grinta, scatto, potenza della macchina preparata dall’imbattibile Chip Ganassi, hanno costruito la quinta vittoria, meritata, del G.P californiano, di Dario che ha dedicato la vittoria alla consorte, l’attrice Ashley Judd che oggi compie gli anni (quanti?...) ed ha fatto un tifo indescrivibile nei pit. Long Beach ha sorriso, come sempre, da quando vide trionfare nel 1984-85-86 Mario Piedone, in veste Formula uno, che oggi ha gioito per la meritata sesta piazza del nipote Marco.
Al ruggito di Will Power, autore di un avvio strepitoso, Franchitti ha risposto con spunti mozzafiato a lui familiari, capaci di reggere in testa, sino alla fine, tallonato da Power, il veterano Tony Kanaan, il solitario Wheldon, quindi dal baronetto di casa Andretti ed il redivivo Helio Castroneves che ha tentato, senza esito, di far sorridere il burbero benefico patron Roger Penske.

Discutibile il contatto di Ryan Briscol (foto), pilota di Penske, alla 76ma passata ai danni dell’australiano Scott Dixon, mentre surriscaldava le gomme, relegandolo al15mo posto d’arrivo. Delusione per Briscoe, che sin dalla prima tappa floridiana aveva dato ad intendere di aver posto l’ipoteca al campionato Indy car. Ma il 13.mo posto d’arrivo ha contribuito a rendere ancora più pesante la battuta d’arresto della gagliarda squadra del Michigan.
La Patrick ritrovatasi tra i primi cinque, grazie ad un rifornimento “sfasato”, festeggia anche l’anniver-sario della sua prima vittoria, dello scorso anno, sul
circuito giapponese di Motegj. Il team di Carl Haas ha attraversato un attimo di suspense quando, effettuato il pieno, un ordine errato di scuderia provocava la caduta di un meccanico al pit che veniva ricoverato, senza serie conseguenze fisiche. Il pilota Graham Rahal, figlio del grande Bobby, ha concluso 12.mo ma forse Paul Newman, creatore del team non avrà certo sorriso.
La dea bendata ha sbattuto la porta in faccia all’inglese Justin Wilson, che quest’anno è riuscito a trovare la guida presso la non florida squadra del bravo Dale Coyne, capace, però, di allestire un team tecnico valido, ed i primi risultati fanno sperare. Oggi Wilson al 53mo degli 86 giri in programma si è ritrovato in mezzo ad un gruppo di “sbandati” ed ha dovuto abbandonare con la macchina zoppicante. Senza dubbio Justin meriterebbe l’Oscar della sfortuna.
LINO MANOCCHIA

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